giovedì 31 maggio 2012

oggetto non identificato

ciao.
non tocco.
ho o liscio la bocca.
sguiscio.
e scivolo, ruzzolo e perdo aderenza.
spicco le tagliole.
abbottono le tende alle fragole.

non tocco
e spezzo le palme.
pizzico
cicco l'attimo e bisbiglio,
sbaglio.
tendo a lanciare il fresbee negli angoli.

sono tutti così noiosi!
la retorica senza regole delle parole.

mi si addormenta una gamba,
stono.

e cascate di risate esotiche e lontane.
pioggia di mani.
mille occhi verdi
l'ipotesi di un premio.
cicco l'attimo...
invasioni letterarie

la parte per il tutto
figure preistoriche di pornografia piana...


appendo lo sterno alle remore
fontane di baci spaziali
e fiori a precipizio,
mentre entrano le ballerine a cavallo di anfibi,
danza la francia
e inciampo io.

gli obici sparano i ventricoli nel sangue
un sasso irrompe
girate gitane le gonne...
m'impiccio
gli aironi solcano i cieli
e stole di seta di tutti i colori
la festa del santo.

sono un giornalista?
prendo appunto
in punta sui piedi
su un rialzo
le teste. non vedo.
non tocco.

una buccia di banana
e la volta dei cherubini m'incombe.
suonino allora le trombe.


ciao.
non tocco.
ho o liscio la bocca.
sguiscio.
e scivolo.

venerdì 25 maggio 2012

procedure selettive

Sono fuori da questa società
che non voglio
e che non mi vuole.
Che mi ha istruito
a essere il migliore possibile
per non dovermi usare.
Un elenco di cose da fare,
di esami da superare,
di diplomi da conseguire
per alimentare l'industria delle cornici,
per aumentare la polvere.
Per avere sempre un epitaffio
che mi ricorda
chi non sono mai stato,
che il posto è occupato.

Il posto è già occupato
da chi non ha nessuna intenzione
di invecchiare
e studia
ingegnose procedure selettive
per non farsi aiutare.

martedì 22 maggio 2012

io e cocotte















bacio una creazione di Carola Ghilardi
(20 maggio 2012)

www.cocotte.it

giovedì 26 aprile 2012

mirycae_16










ma calvino?

(illustrazione di gluc)

martedì 27 marzo 2012

mirycae_15

un eccessivo uso del minuscolo.

mirycae_14

di Brecht, ho un'infarinatura.

lunedì 19 marzo 2012

la comunicazione

Una redazione locale di una testata del sud. Disordinata, polverosa. Davanti a una scrivania le foto di scempi urbanistici. Davanti a un’altra ritagli di articoli di sparatorie e ammazzatine. In un angolo, di spalle, Luigi. Davanti a lui una grande foto di un mare splendido.

Luigi prende un respiro profondo, poi compone un numero di telefono. “Salve, Gazzetta del Sud, volevo parlare con l’onorevole Straffi… grazie.”
Luigi, in attesa, fa un paio di colpi di tosse, s’aggiusta la voce.

Non appena sente rispondere, inizia a parlare a macchinetta, come recitasse una poesia più velocemente possibile:
“Onorevole, si ricorda: Luigi Straboni, è per quell’intervista su quella sua idea di un nuovo canale pubblicitario che si occupasse della promozione del sud nella sua immagine migliore… Onorevole?”

“TUC TUC TUC TUC…”

Luigi abbassa il ricevitore, ma non sembra abbattuto, guarda in aria come cercasse una buona idea.

Squilla il telefono. Luigi si schiarisce la voce.
“Gazzetta del sud, Gioiosa Marea… siii?”
Dall’altra parte un uomo risoluto:
“Ce l’hai una ammazzatina che ne so?... Corna, pizzo, pene d’amore?” Luigi risponde:
“Beh, adesso…”
L’altro:
“Dai Fernà che non c’ho ‘na minchia oggi!”

Luigi è un semplice collaboratore della redazione che, al più, ha il compito di aprire e chiudere l’ufficio e fare il caffè. Accettato, non proprio volentieri, per il suo zelo dai due unici redattori del posto.

Il questuante incalza: “Ma non sei Zimmarello?” Luigi rivela che in sede c’è solo lui, l’altro attacca.

martedì 13 marzo 2012

sulla lama (da Diego a me)

Comunque noi dovremmo vivere avvinti e soli, mandando e-mail a chi, senza poi troppo entusiasmo, volessimo contattare.

Invece accade il contrario: i nostri pensieri sono isofori,

le secrezioni dei nostri umori sono isocrone,
il nostro disgusto per il mondo del mondo è isobate,
ma io e te ci dobbiamo parlare per mail.

In più, per non dover spiccare ogni piè sospinto una testa di cazzo da un torso,
mi tocca girare per questo mondo sbagliato con le orecchie piene di purè di ceci, sigillate da placche in lega tantalio-niobio.

Porcaccio! Se almeno ci fossi un po' tu, tu livido come non voglio
accettare di essere il solo.

sulla lama
Diego

venerdì 9 marzo 2012

l'indifferenza

Una bambina allestisce una bancarella sul marciapiede di una strada. Ha molta cura e attenzione nel posizionare i piccoli oggetti. Collanine, braccialetti…

Uno sparo di arma da fuoco deflagra nell’aria immobile dell’estate. La bambina chiude appena gli occhi.

Un uomo in mutande fugge per la strada inseguito dalle urla di un altro che brandisce una pistola. Corrono davanti alla bancarella. L’inseguitore calpesta una collanina.

La bambina, che non aveva interrotto la sua occupazione, raccoglie gli avanzi del monile. Ora è davvero innervosita.

Due spari sono ormai più lontani.

(2009)

lunedì 5 marzo 2012

Fate attenzione!

Antonio Lusardi è seduto nella sua auto blu. L’autista guida in silenzio, senza scossoni, ma veloce nel traffico metropolitano. È sera, è inverno. Antonio sta leggendo alcuni giornali per la seconda volta. Sono della mattina, le notizie sono vecchie di ventiquattro ore, ma c’è qualcosa di cui Antonio non riesce a venire a capo. L’intera giornata spesa a fare l’equilibrista tra sindacati e industriali. Nessuna vittoria, l’odio delle due parti e l’impopolarità sui lavoratori. Ad Antonio manca l’aria e sente il bisogno di fare pipì.
L’autista accosta. C’è un piccolo bar deserto, chiede ad Antonio se lo deve accompagnare, motivi di sicurezza niente di perverso! Antonio preferisce andare solo. Il bar è d’angolo su un vicoletto buio, il ripostiglio delle cose sporche dei negozi scintillanti del corso. Antonio s’infila nel vicolo. Un po’ d’aria, un po’ di solitudine. La farà in piedi su un muro. Un po’ di libertà.

S’allenta il nodo della cravatta, appoggia una mano su un muro, si abbassa la zip dei calzoni. È stanco, è preoccupato, ma sorride quando legge sotto la mano “Piove, governo ladro!” e si libera.

Qualcosa si muove nell’oscurità, proprio sotto di lui, proprio dove si sta liberando. Antonio ha un sussulto, poi rimane pietrificato, mentre vede un viso sporco e una barba che s’asciugano con una mano. E una voce: “Le donne e gli uomini con la barba!”

Antonio prova a scusarsi, ha pisciato su un barbone, se lo venissero a sapere sarebbe una pubblicità tremenda per un politico del suo schieramento, ma quello non fa una piega e sdraiato per terra, fra i cartoni e la mondezza continua: “Lo stanno già facendo! Tu lo hai appena fatto! Le donne e gli uomini con la barba! Ma fai attenzione!”

Antonio equivoca quest’ultimo avvertimento: “Sono mortificato le vado a prendere delle salviette.” E s’infila nel bar. Dentro stanno facendo le pulizie. Antonio per poco non rovina su un cartello di plastica messo a bella posta da un inserviente. Quest’ultimo squadra Antonio che gli appare come un uomo ben vestito coi capelli arruffati, l’aria di chi ha appena visto un fantasma, visibilmente bagnato sul basso ventre e con la patta aperta. Antonio si scusa, ha bisogno di salviette. L’inserviente adagia il Mocio sul bancone e lentamente gliene procura una manciata: “Non l’ha letto il cartello?” Antonio legge: FAI ATTENZIONE – pavimento bagnato. Raccoglie le salviette e riesce nel vicolo.

Con grande sorpresa Antonio deve constatare che l’uomo, il barbone non c’è più. Rimane una scritta sul muro PIOVE GOVERNO LADRO e una colata d’urina. Poi inizia a piovere.

L’autista si precipita nel bar. Guarda l’inserviente e lo incalza: “Dov’è l’onorevole?” Quello sempre più indignato gli indica la porta sul vicolo. L’autista si sfila l’impermeabile e esce nel vicolo. Copre Antonio e lo porta nel bar, scalcia il cartello d’ostacolo al passaggio di due persone e lo porta via. Sul pavimento del bar appena pulito rimangono le orme sporche delle scarpe dei due avventori.

(2011)

Pupazzo tra la neve












(Roma, Febbraio 2012)