sabato 8 giugno 2013

miricae_18

accidenti alla scaramanzia!

miricae_17

diciassette!

martedì 9 aprile 2013

la leggenda del re pescatore



Un ragazzo doveva passare la notte nella foresta per dimostrare il suo coraggio e diventare re.

E mentre passa la notte da solo è visitato da una visione sacra: nel fuoco del bivacco gli appare il Santo Graal, simbolo della grazia divina.

E una voce dice al ragazzo: "Tu custodirai il Graal, onda possa guarire i cuori degli uomini."

Ma il ragazzo, accecato dalla visione di una vita piena di potere, di gloria, di bellezza, in uno stato di completo stupore, si sentì per un attimo non un ragazzo, ma onnipotente come Dio.

Allungò la mano per prendere il Graal, e il Graal svanì lasciandogli la mano tremendamente ustionata dal fuoco.

E mentre il ragazzo cresceva la ferita si approfondiva, finché un giorno per lui la vita non ebbe più scopo.

Non aveva più fede in nessuno, neanche in sé stesso. Non poteva amare, né sentirsi amato. Era ammalato di troppa esperienza, e cominciò a morire.

Un giorno un giullare entrò al castello e trovò il re da solo. Ed essendo un semplice di spirito, egli non vide il re: vide solo un uomo solo e sofferente.

E chiese al re: "Che ti addolora, amico?" E il re gli rispose: "Ho sete, e vorrei un po' d'acqua per rinfrescarmi la gola".

Allora il giullare prese una tazza che era accanto al letto, la riempì d'acqua e la porse al re.

Ed il re, cominciando a bere, si rese conto che la piaga si era rimarginata: si guardò le mani e vide che c'era il Santo Graal, quello che aveva cercato per tutta la vita.

Si volse al giullare e chiese stupito: "Come hai potuto tu trovare ciò che i miei valorosi cavalieri mai hanno trovato?"

E il giullare rispose: "Io non lo so, sapevo solo che avevi sete".
 
(da "La leggenda del re pescatore" di Terry Gilliam)

venerdì 15 febbraio 2013

dejavù

(febbraio 2013)

Un UOMO in smoking oscilla vistosamente sfidando il suo equilibrio a ogni passo sul marciapiede. È ubriaco. Il papillon è scomposto almeno quanto la sua andatura. In mano ha un bicchiere di champagne bevuto per metà. Fa l’ultimo sorso tutto di un fiato poi entra in un bar deserto dove un INDIANO sta passando lo straccio. Posa il bicchiere vuoto sul bancone e ne ordina un altro a nessuno prima di infilare la porta del bagno. L’indiano non gli da peso. Nel bagno l’uomo si slaccia con difficoltà i pantaloni e si appressa a un orinale. Fa appena in tempo a liberarsi che qualcosa lo colpisce con violenza alla testa.
L’uomo in smoking si ridesta riverso nel bagno del bar. Tira su la schiena e si prende la testa fra le mani. Si guarda intorno strizzando gli occhi e soffrendo. Ancora seduto in terra si guarda la patta aperta dei pantaloni, poi prende a tastare la giacca dello smoking quasi non sappia di chi sia. Si alza non senza qualche difficoltà e si guarda allo specchio. Si massaggia la barba appena spuntata sulla guancia e non si riconosce. Prende a frugarsi addosso, cerca un portafoglio. Lo trova, lo fruga con impazienza, ma è vuoto. Lo scaglia contro un orinale. Apre una falda dello smoking e vi legge il nome del sarto “Sandro Testa”. Nelle tasche interne dello smoking trova solo un paio di banconote. Si allaccia i pantaloni, si sciacqua il viso, raccoglie il portafoglio e esce nel bar.
Il bar sembra deserto. La saracinesca è abbassata per tre quarti. L’uomo appoggia i gomiti al bancone e si riprende la testa fra le mani. Qualcuno alza la saracinesca da fuori. L’uomo sobbalza e si gira verso l’esterno. La silouhette di un FATTORINO si staglia nella luce proveniente da fuori. Il fattorino chiede se ci sia Assan, ma l’uomo non sa rispondere. Allora gli chiede chi sia. L’uomo non sa rispondere nemmeno a questo. Il fattorino lascia un cartone coi cornetti caldi sul bancone. Guarda l’uomo con sospetto. L’uomo allora gli chiede dove siano, in che città, in che paese. Il fattorino non risponde. L’uomo prende un cornetto dal cartone, mentre spiega che si è risvegliato in quel bar, ma non ricorda nulla neanche il suo nome. Il fattorino è sempre più muto e sospettoso quindi l’uomo tira fuori le banconote dalla tasca e paga il cornetto. Un rumore proviene dal retro del bar, allora il fattorino prende a chiamare Assan a alta voce. Si avvicina alla porta del retro proprio mentre un rivolo di sangue esce da sotto la porta. Il fattorino apre la porta, dietro c’è l’indiano della notte prima riverso in terra in una pozza di sangue.

Il fattorino impaurito si gira verso l’uomo misterioso. Quello inghiotte l’ultimo boccone del cornetto e si sporge a guardare. Vede l’indiano e guarda, anche lui impaurito, l’altro. Si fissano per un po’.
Il fattorino prende coraggio e rompe il silenzio, chiede nuovamente all’altro chi sia. L’uomo di ricambio chiede al fattorino se abbia una sigaretta, ma in breve capisce che il fattorino sospetta di lui e che sta per perdere la calma. Si giustifica e racconta di nuovo l’unica parte della sua vita che ricorda dal risveglio a lì, gli mostra il portafogli. Cerca di convincerlo, ma quello insiste, vuole un nome e gli si fa sotto minaccioso. L’uomo risponde di chiamarsi Sandro Testa. Il fattorino ora lo accusa apertamente. Sandro guarda il cadavere dell’indiano e si chiede se sia un uomo violento, ma lo fa a alta voce. Il fattorino equivoca, gli chiede se lo stia minacciando. Sandro sta per avere una crisi di nervi, si sente in uno strano incubo, si getta in ginocchio e prende le mani del fattorino pregandolo, quasi in lacrime, di confermargli che lui non è uomo violento, ma il fattorino s’impaurisce per lo scatto dell’uomo e, con un riflesso incondizionato, lo aggredisce percuotendolo. Sandro si difende, ma vedendo che quello non la smette, lo spinge con irruenza. Il fattorino finisce a battere la testa sul bancone e stramazza al suolo inerte. Sandro rimane a fissarlo respirando affannosamente. Poi di nuovo perde il controllo e inizia a piangere ripetendosi tra le labbra di non essere un uomo violento.

martedì 12 febbraio 2013

modello per storyboard





















così mi ha visto J.F. Baciocchi

albert vader

dal set di Clone Wars





















Silvia S., Dario B. e io